In vista del suo debutto europeo nella Traviata di Zeffirelli all'Opera di Roma abbiamo incontrato Daniela Dessì, uno dei più grandi soprani italiani attualmente in attività. I suoi esordi, il suo repertorio, riflessioni su musica, teatro, media, i ricordi alla Scala, quelli d'oltreoceano, i progetti futuri... Ecco cosa ha raccontato in esclusiva per Qui la Voce:
Daniela Dessì si rivela al mondo dell’opera vincendo il concorso internazionale della RAI nel 1980, il primo di numerosi riconoscimenti che arriveranno nella sua carriera. Un ricordo di quel momento e del successivo debutto teatrale.
Proprio ieri sera leggevo un libro su Maria Callas, un'artista ma anche una donna su cui è stato detto tanto e forse troppo, e il racconto dei suoi primi anni mi ha riportata ai miei inizi. L'inizio è simile per tutti, si ha voglia di fare e di divenire qualcuno, di dire la propria parola in questo mondo teatrale. Nel mio caso ricordo molto bene che una sera, quando avevo sedici anni, a Brescia davanti ad un cartellone del teatro dissi a un’ amica che era con me: "io voglio assolutamente diventare una grande cantante lirica". Ho studiato tanto per realizzare il mio sogno; in questo campo non bisogna mai farci prendere dalla fretta. Vincere i concorsi è molto importante perchè aprono le porte dei teatri, anche se oggi tanti giovani bruciano le tappe troppo in fretta. Grazie a quel concorso Rai ebbi la possibilità di conoscere il Maestro Herbert von Karajan e di lavorare con lui, e fu un'esperienza meravigliosa.
Da quel 1980 sono passati quasi 30 anni; in questo periodo abbiamo visto spaziare il suo repertorio in varie direzioni. All’inizio è stata impegnata anche in produzioni di titoli settecenteschi, poi via via è arrivata fino a Verdi, Puccini e la giovane scuola. Come ha fatto ad affrontare ruoli così diversi? La tecnica è davvero una sola?
Ho iniziato a cantare quando ero ancora molto giovane, a diciotto anni e per una ragazza di quell'età pensare ad un repertorio di melodramma puro (Verdi, Bellini, Puccini) sarebbe stato folle. E' un omicidio vocale affrontare quel tipo di repertorio con una voce ancora giovane e quindi non ancora allenata per quei ruoli. All'inizio, volente o nolente, ho dovuto pensare a fare cose più semplici che mi hanno però arricchito in esperienza musicale, anche perchè realizzate in contesti prestigiosi. Nel tempo ho potuto usufruire dell'aiuto che mi hanno dato queste opere del Settecento. Quando la voce matura, e questo può avvenire solo con la tecnica (che è la base di tutto) e lo studio, si possono affrontare i grandi personaggi del repertorio. Con la tecnica si arriva ad avere anche sicurezza come attori, perchè se abbiamo preoccupazioni o difficoltà sul piano vocale non si è liberi di recitare e cantare bene. La base tecnica è una sola, poi chiaramente bisogna passarla attraverso la propria personalità e quindi possono variare alcuni aspetti.
Oltre a Verdi e Puccini, al settecento e al novecento, anche il belcanto nel suo repertorio, da Rossini a Bellini, alle regine donizettiane. Quali sono le difficoltà nell’eseguire questo tipo di repertorio e nel confrontarsi con la scrittura impervia che i compositori riservarono alla Pasta, alla Ronzi e alle altre grandi dive del passato?
Direi che oggi affrontare ruoli simili è una vera scommessa. Sono estremamente impervi rispetto forse ad anni fa in cui si potevano affrontare meglio per un’altezza diversa del diapason. Vanno affrontati con coraggio ed un pizzico di presunzione, bisogna sfidare la musica e la partitura, superare queste sfide ci aiuta a gestire anche l’aspetto visivo ed auditivo. La preparazione vocale di queste opere in particolare deve essere fatta con uno studio tecnico rigoroso perché le note vanno messe a punto una per una.
Parlando invece dei cantanti del passato più recente, quali sono quelli che l'hanno colpita di più e perchè?
Conoscere il passato e i suoi cantanti è un bagaglio molto importante per un artista di ora, è come studiare la storia. Ci sono stati per me tanti modelli da seguire anche per prendere da ognuno un piccolo segreto. Tra i soprani amo Rosa Ponselle che è stata una delle più grandi cantanti di tutti i tempi, amo Maria Callas per lo spirito di innovazione vocale e teatrale che aveva, e poi potrei citare la Tebaldi o la Scotto. Ammiro comunque sempre chi è bravo e si sa distinguere e questo vale per il passato così come per il presente.
Daniela Dessì ha avuto il privilegio di cantare diretta dalle più grandi bacchette. Sappiamo che il direttore d’orchestra ha un ruolo fondamentale nella preparazione di uno spettacolo. Quali sono i direttori che le hanno dato di più in termini sia musicali che umani?
Non sempre la musicalità si sposa con l’umanità, però quando si fa musica una delle cose belle è che si è uniti da questo filo invisibile che è la musica stessa e tutti parliamo la solita lingua. Non potrei citare un direttore o due o tre, perché ognuno mi ha dato qualcosa, da Karajan ad Abbado a Muti, Kleiber o Sinopoli. Per me è stata una grande scuola poter seguire i consigli di così grandi direttori, è stato importantissimo perché mi hanno sempre dato la sicurezza per tirare fuori le mie possibilità e confrontare le mie idee con le loro. Dico volentieri che ho COLLABORATO con loro più che lavorato, perché lo spettacolo si fa tutti insieme ed ognuno ha una parte che è fondamentale. Da giovane è importante incontrare figure così significative e da grande posso dire che quelle collaborazioni hanno costituito momenti di grande confronto musicale.
Grandi bacchette e grandi teatri: tra tutti il Teatro alla Scala, considerato il massimo teatro lirico italiano e uno dei più grandi al mondo, nel quale ha cantato più volte trionfando davanti a quello che viene considerato il pubblico più esigente. Cosa rappresenta per lei la Scala? E cosa rappresenta oggi in generale?
Amo molto la Scala, è indubbiamente il tempio della lirica. Il pubblico è sincero e diretto e ti da sicurezza. Purtroppo oggi rappresenta per i giovani cantanti un punto di partenza quando invece secondo me dovrebbe rappresentare un punto di arrivo come era anni fa, è stato un errore degli ultimi anni questo, ma spero che si capirà. Avere dei trionfi alla Scala ti riempie di gioia e di forza per andare avanti nel tuo mestiere…e poi…è il teatro di Verdi…
A proposito di Verdi e della Scala, guardando ed ascoltando l’ultima inaugurazione scaligera col Don Carlo, a noi è venuto subito in mente il suo famoso Don Carlo alla Scala col maestro Pavarotti (debuttante nel ruolo dell’infante), Riccardo Muti e la regia di Franco Zeffirelli. Pavarotti stesso rinnegherà la propria interpretazione, noi riascoltando alla luce di questi anni, diciamo che fu un grandissimo allestimento e grandissime furono le interpretazioni dei protagonisti. Un ricordo di quell’evento e del maestro Pavarotti.
Ti dico subito che quella produzione l’ho sempre difesa perché l’ho apprezzata molto, l’abbiamo voluta tutti e abbiamo lavorato tanto per realizzarla. In molti hanno disprezzato quello spettacolo, tanto rumore poi in particolare per una nota strozzata di Luciano contro cui era stata organizzata una vera e propria battaglia. Ricordo con molta precisione le parole che mi disse mio padre in quell’occasione:”vedrai che tra tanti anni potrai dire, io a quel Don Carlo c’ero”, colse pienamente nel segno. Per Luciano questo è stato un grande cruccio per molti anni, ho trovato irriverente fargli un torto così grande e anche se è ovvio che il teatro è fatto anche di queste cose lui non doveva assolutamente aspettarsi niente del genere, poi per una nota soltanto. Ad alcuni cantanti si perdonano cose ben peggiori. E’ stato un tenore veramente meraviglioso.
Qual’è la sua concezione registica di uno spettacolo? sappiamo e vediamo che molti registi oggi tendono a prendersi troppe libertà nell’opera, spesso andando in direzione completamente contraria alle volontà degli autori dell’opera stessa.
Hai detto bene. Io credo che la produzione debba essere rispettosa per la voce e per la musica. Bisogna che il cantante, già sottoposto allo stress vocale debba riuscire a muoversi e cantare liberamente. Per me la classe, il gusto e l’equilibrio sono cose fondamentali per l’allestimento di uno spettacolo.
L'aspetto scenico nell'opera, come già sottolineato, è fondamentale, e Daniela Dessì è una grande cantante-attrice, come ha più volte dimostrato. Com’è cambiato negli anni il suo rapporto tra canto e recitazione? Quale preparazione c’è dietro? come si può governare l’emozione in scena?
Sicuramente qualcosa è cambiato perché l’esperienza teatrale migliora anche l’equilibrio tra resa vocale e resa scenica. Per recitare bene bisogna avere certamente una sicurezza vocale grande, i problemi fisici e quindi vocali ostacolano la buona riuscita della recitazione. Fin dall’inizio della mia carriera sono sempre entrata nel personaggio, dicendomi:se fossi lei cosa farei? Bisogna capire lo stato d’animo del personaggio, che cambia del tempo. A seconda di come mi sento chiaramente ogni sera l’interpretazione sarà diversa nelle piccole sfaccettature. Purtroppo non ci sono trucchi per governare l’emozione, si deve riuscire a limitare l’azione dell’immedesimazione sul nostro stato d’animo; quando entro in scena e mi succede di essere ansiosa mi dico sempre:”se ora hai paura, ricordati che la paura frega e otterrai un risultato negativo”. Quando vado davanti al pubblico penso che questo sia li per darmi carica e non per togliermela, entrare nel personaggio è molto importante appunto anche per eliminare l’ansia.
Cosa significa lavorare al fianco della persona che le è accanto anche nella vita (Fabio Armiliato)? è più difficile o più facile che cantare con altri colleghi?
Ovviamente è più facile, è chiaro che tutto si semplifica perché c’è un modo diverso di capirsi e quindi di agire di conseguenza, basta uno sguardo per comunicare qualcosa e quindi si risolvono tante problematiche. C’è però anche uno stress maggiore per l’altro da parte di entrambi ed in questo senso è più difficile che cantare con altri colleghi.
A proposito di emozioni, personalmente ho un ricordo molto emozionante della Madama Butterfly del centenario a Torre del Lago nel 2004. Che legame ha con questo personaggio e che emozione ha provato nel cantarlo a Nagasaki?
Ho un rapporto straordinario col personaggio di Butterfly, anche perché l’ho cantata in tutti i più grandi teatri dal Metropolitan a Madrid alla Scala, quindi diciamo che è un’opera che più di altre mi ha portata in giro. Per Cio Cio San ho davvero un affetto particolare, attraverso lo studio del personaggio ho potuto capire le usanze e i modi di pensare delle donne giapponesi, un popolo dotato di grande sensibilità e che apprezzo moltissimo. Sono stata la prima occidentale a cantare Butterfly a Nagasaki ed in Giappone, ed anche questo è stato molto importante. Poi devo dire che quest’opera è stata sempre boicottata, soprattutto agli inizi, e per amore verso Puccini che ci teneva tanto amo forse ancora di più Butterfly.
Rimaniamo in tema di personaggi ai quali è legata; mi piacerebbe sapere alcuni ruoli che rappresentano su tutti la sua personalità artistica e i carattere psicologici che in essi sente più vicini ai suoi.
E’ una domanda molto difficile questa perché non è facile scindere la musica dai personaggi. Però potrei dire per esempio TOSCA, prima di tutto perché penso che più vicina di Tosca ad una cantante lirica non ci sia nulla, Tosca è una cantante lirica, poi per la sua forza, la passionalità ma anche la fragilità della donna, insomma racchiude alcuni tratti che ritrovo anche in me molto forti. Adoro NORMA che è un personaggio a tutto tondo, fortissimo e allo stesso tempo dolce, di MANON LESCAUT invece mi piace cogliere gli entusiasmi giovanili e le superficialità di un’età ingenua che poi sfociano nel drammatico finale, questo lo trovo molto interessante. Un legame particolare, come ti ho già detto prima, è quello che ho con CIO CIO SAN che se è molto lontana da me perché appartenente a tradizioni diverse mi da molte emozioni, principalmente perché è una mamma e io sento molto forte questo ruolo nella mia vita. E poi direi ancora AIDA di cui mi affascina la forza che sprigiona pur essendo una principessa ridotta in catene ed infine FRANCESCA DA RIMINI un ruolo sensuale e dolcissimo, affascinante la sua storia ma di grande difficoltà vocale e interpretativa.
Norma in particolare è un'opera che ha debuttato di recente e che le ha regalato un grandissimo successo; può raccontarmi brevemente come si prepara e in quanto tempo una parte così impegnativa?
Norma l'ho preparata teatralmente in una sola settimana, perchè nonostante avessi voluto riservare più tempo alla realizzazione scenica i miei impegni non me lo hanno permesso. Dal punto di vista psicologico e musicale ho avuto modo di prepararla mentalmente fin da ragazzina, è stata un'opera che ho sempre amato tanto. Era matura dentro di me. Prima di prepararla con lo spartito nei dettagli musicali e vocali avevo già una conoscenza completa del ruolo.
Tra i suoi imminenti impegni invece c’è una Traviata con Zeffirelli all’Opera di Roma. Ci parli un po’ del lavoro dietro a questo personaggio e del lavoro con uno dei più grandi registi italiani.
La Traviata l’ ho già cantata qualche anno fa in Giappone, è ruolo meraviglioso per me, e sarà a Roma il debutto europeo. E’ un personaggio che conosco da tanto tempo, perché come per Norma è una delle prime opere che si ascoltano e Violetta ha avuto una lunga maturazione dentro di me da quando sono molto giovane. E’ ricchissima emotivamente e come personaggio teatrale. Vorrei dire però questo: che sono una Traviata un po’ “all’antica”, nel senso che la risolverò con la mia voce da lirico spinto come facevano Renata Tebaldi o Virginia Zeani. Spesso è stata ed è affidata a soprani leggeri che risolvono il primo atto ma poi hanno difficoltà negli altri due proprio perché la scrittura di verdi cambia col cambiare del personaggio. La mia Traviata mirerà alla drammaticità. Con Zeffirelli non ho ancora lavorato su Violetta, ma ne parleremo poi…
Sappiamo tante cose sul teatro d’opera passato, ma oggi cosa significa essere una cantante di primo livello e come si vive nel mondo operistico?
Il teatro è sicuramente cambiato molto con il passare del tempo ed il conseguente avvento dei media ed oggi è un luogo per i soli amanti della musica; l'opera non è più un genere musicale radicato nella cultura anche di tipo domestico come era anni fa. Di conseguenza è ovviamente diversa la situazione dei divi dell'opera rispetto a cinquanta o sessanta anni fa, quando i cantanti divenivano star in ogni senso. Oggi sicuramente dobbiamo lavorare di più per affermarci rispetto a quanto facessero in passato. Per me è stato sempre il più grande desiderio cantare e fare parte di questo mondo da protagonista. Non so come avrei affrontato il teatro se avessi cantato in quell'epoca, ma oggi lo amo davvero molto.
Parlando appunto dei media, oltre che a teatro, la vediamo anche in tv sia nei suoi panni che in quelli delle eroine che incarna (ricordiamo di recente i telecast di Norma e Francesca da Rimini andati in onda proprio sulla Rai) Il suo rapporto con i media, specialmente con la tv, e più in generale qualche riflessione sul rapporto tra opera lirica e mezzi di comunicazione di massa.
Io considero molto importanti i media per la divulgazione, anche dell’opera lirica, se fatta però con cognizione di causa. Non mi metterei mai a frequentare programmi non utili alla diffusione dell’opera in Italia o all’estero. Però a volte mi piace anche divertirmi in modo intelligente come è accaduto a Sanremo quest’anno, mi piaceva l’idea di collaborare con Francesco Renga e mi piaceva la canzone dedicata ai grandi tenori del passato, portare l’opera a Sanremo che è una grandissima vetrina internazionale è un modo per riproporla anche ad un pubblico diverso. Cerco di far capire anche ai media più leggeri, come i rotocalchi, quando rilascio interviste o fanno servizi su di me che il cantante lirico non è, come in tanti purtroppo pensano, una mummia, una persona che non si stacca dal proprio mondo, ma che è una donna o un uomo normale. Cerco di essere presente in tv quando posso parlare di opera, non sono presenzialista e non cerco in tv un’autocelebrazione, che è un fattore negativo. Essendo presente a volte in alcuni programmi spero di trovare nuove persone che si appassionino al teatro operistico.
Sempre in tema di "comunicazione", Daniela Dessì è anche quotatissima insegnante. Cosa rappresenta per lei l’insegnamento e quali principi generali cerca di trasmettere ai suoi allievi? Ci sono voci interessanti oggi?
Per me l’insegnamento è meraviglioso, è una straordinaria possibilità per poter trasmettere quel poco o quel tanto che ho imparato nella mia carriera. Mi sono resa conto ultimamente che il problema più grande è l’insicurezza, le scuole di canto in Italia sono davvero troppo poche. Vorrei trovare una persona cui poter dare tutto quello che ho imparato, che un giorno qualcuno cantasse come canto io e portasse avanti quello che ho iniziato. Le voci ci sono oggi e c’è anche una buona volontà di imparare, è che vengono gestite male, perché si canta, e si lascia cantare, tutto e subito. Questo è l’errore più grande perché porta a rovinare una voce e una carriera.
Un grazie a Daniela Dessì da Qui la Voce, con la speranza di ritrovarla presto quì come a teatro.
1 commento:
Fantastica, la più grande cantante in carriera!
Bella intervista, complimenti!
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