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domenica 11 ottobre 2009

DISCOGRAFIE CRITICHE: Bellini e le sue Primedonne (Parte 3)


SONNAMBULA E NORMA: i due volti del soprano Pasta (prima puntata)



Apriamo questo articolo con una immagine emblematica: Maria Callas "allo specchio" raffigurata in due tra i suoi ruoli più importanti, ovvero Norma e Amina, due personaggi tradizionalmente considerati agli antipodi ma che, in realtà, sono molto più simili rispetto ad altri ruoli ai quali vengono tradizionalmente accostati. In altre parole, Amina è più vicina a Norma che a Lucia, come Norma è più vicina ad Amina che non a Turandot. La loro "distanza" è frutto di un equivoco generato all'inizio del secolo, equivoco perlatro tutt'altro che infrequente anche ai giorni nostri. Premessa: v'è da dire che, come già è stato accennato, all'epoca di Bellini non esistevano le classi vocali a cui siamo abituati oggi, quindi è difficile ragionare in termini di vocalità moderna. Bellini aveva sostanzialmente una voce di soprano a disposizione, che doveva essere abbastanza corposa, almeno nel caso di Giuditta Pasta, la storica cantante per cui furono scritte Norma e Sonnambula, ma anche nel caso (meno eclatante come abbiamo visto) della Merich-Lalande.

La Pasta era stata, prima di essere soprano, un contralto di successo, quindi possedeva una grande estensione in basso e sicuramente un timbro scuro e rotondo. Ma la divina Giuditta, così si apprende dalle cronache, per essere un contralto aveva una voce giudicata "chiara" e grande estensione in alto, tant'è che, anche a inizio carriera, si sentiva già "soprano assoluto", giacchè è noto che cantava benissimo Don Giovanni come pure Otello, Mosè e Semiramide, tutti ruoli della Colbran. Esistevano quindi due "caratteri" (chiamiamoli così) e non due vocalità, un soprano "patetico" e un soprano "tragico", entrambi incarnati dalla stessa cantante, che possedeva una voce dal timbro intermedio, di colore scuro ma non brunito come quello di un contralto, dotata di grande agilità ma anche di grande controllo del fiato e del legato. Tradizionalmente invece Amina è finita nel repertorio del soprano leggero in senso stretto, che era tipicamente francese e non apparteneva alla tradizione italiana, mentre Norma in quello del soprano drammatico propriamente detto che, assieme al mezzosoprano, in pratica nascerà con Verdi.

La stessa Adalgisa nella Norma è spesso erroneamente affidata ad un mezzosoprano, per differenziarla dalla protagonista, quando in realtà è semplicemente un soprano di prima specie con scrittura da comprimario meno "in vista". Lo conferma il fatto che nella prima la parte fu affidata alla Grisi, dalla voce meno estesa e versatile della Pasta, tendenzialmente più un lirico d'agilità, come oggi lo chiameremmo (la stessa dicotomia "Pasta-Grisi" la troviamo in Donizetti tra Bolena e Seymour). La scrittura infatti non scende mai molto in basso tant'è che sia la Caballè che la Freni (entrambe soprani lirici con gravi molto esili) hanno potuto cantare la parte. Norma invece è stato, per tutta la prima metà del secolo fino all'avvento della Callas, cavallo di battaglia di soprani drammatici di forza, che col belcanto avevano poco a che spartire (la Milanov e ancor di più la Cigna - nella foto -, che fu nella prima metà del secolo Norma e Turandot per antonomasia), mentre a cavallo tra 800 e 900 c'erano ancora i grandi soprani drammatici come Ester Mazzoleni o Lilli Lehmann, ultimi fenomeni vocali di una vecchia scuola, che cantavano il repertorio drammatico con la tecnica del belcanto (la prima con un repertorio che andava da Medea a Lucrezia Borgia, l'ultima - molto citata dalla Callas - aveva in repertorio Mozart, Meyerbeer e Bellini pur essendo grande soprano wagneriano). Interessante poi come l'equivoco speculare, ossia di sostituire un soprano patetico "protagonista" con un soprano leggero, per associazione al carattere fragile ed angelicato del ruolo (parliamo della Dal Monte, della Carosio, della Pagliughi a salire fino alla Tetrazzini) si estenda ancora di più nella storia del melodramma, fino ad Elvira dei Puritani, a Gilda del Rigoletto e persino alla Butterfly pucciniana.

Questo processo di divergenza si acuì per lo più tra le due guerre, come conseguenza dell'estetica estremizzante verista che pareva aver raggiunto un punto di non ritorno. Mentre i soprani leggeri avevano già "invaso" il repertorio italiano dalla fine dell'800, negli anni 20 c'era ancora qualcuno come la Muzio o la Ponselle - nella foto - musa ispiratrice della stessa Callas, che vantava una voce autenticamente drammatica sostenuta da una tecnica superiore, seppure in un repertorio che si limitava ai ruoli del soprano "tragico"; se è vero infatti che la Ponselle fu superba Norma, mai la diva avrebbe affrontato Amina, stilisticamente considerata incompatibile con l'allure da grande tragediènne che la circondava, oltre che vocalmente troppo impervia (già in Norma la Ponselle "aggiustava" non poco). Furono comunque eccezioni all'interno di una tradizione ormai consolidata. La vera incompatibilità tra ruoli e vocalità che si era venuta a creare portava con se anche problemi strettamente tecnici: la Callas sottolineava come questi ruoli avessero tutti "a terrible centrale", ovvero un registro medio dove la scrittura insiste che doveva essere fluido, leggero e al tempo stesso pieno e rotondo nel suono. Il risultato era che il soprano drammatico di forza semplificava e pasticciava terribilmente con le agilità ed era spesso in difficoltà col legato aereo, il soprano leggero invece era difficilmente capace di rendere credibili i cantabili sul medium che, inevitabilmente, perdevano di consistenza e di fascino, oltre a dover operare più di un aggiustamento in alto per affrontare i passaggi più gravi e rimpinzare la partitura, come era consuetudine nel loro repertorio, di melismi dal puro virtuosismo esteriore. Sonnambula e Norma, da avere quindi entrambe la stessa voce ossia quella della Pasta, si sono ritrovate nel tempo con due voci antitetiche e parimenti inadatte al repertorio, il che è stato per anni non solo fuorviante storicamente (motivo sul quale l'ascoltatore medio potrà soprassedere), ma ha spesso prodotto esecuzioni evidentemente non all'altezza sia sul piano stilistico che su quello puramente vocalistico. Ci sembra doveroso quindi, prima di passare in rassegna le interpreti di uno o dell'altro ruolo, fare un discorso a parte che proceda parallelamente sulle cantanti più importanti che hanno affrontato entrambi i ruoli, come nell'800 era prescritto. Ma prima, cinque esecuzioni "emblematiche" di Casta Diva dell'epoca pre-callasiana:


Lilli Lehmann



Rosa Ponselle



Claudia Muzio



Toti Dal Monte



Gina Cigna



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